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Mamma, quando si muore dove andiamo?

Categoria: psicologia

Spiegare la morte ai bambini non è semplice, ecco alcuni consigli della pedagogista per affrontare questa tematica.

Quasi tutti i genitori sono convinti dell'utilità di parlare apertamente ai figli dei processi biologici relativi alla vita, come l’affettività e la sessualità, ma quando si tratta di affrontare il tema della morte si trovano senza parole.

Oggi i bambini sono inondati di informazioni, ma non di rado vengono lasciati soli nei momenti fondamentali: per esempio, sanno tutto sulla deriva dei continenti, ma non gli viene detto che è morta la nonna o il fratellino e per quale malattia.
È vero, i bambini sono piccoli, ma piccolo non vuol dire stupido o incapace. Hanno bisogno di rispetto, di verità e fiducia per potere dare un senso a ciò che accade intorno a loro e ritrovare la sicurezza per continuare a crescere. Hanno bisogno soprattutto di parola perché è proprio la parola, e soprattutto la qualità della parola, che può lenire l'effetto di un evento drammatico come la morte di una persona cara.
Il lutto non è una malattia, ma il tempo doloroso della vita legata alla perdita, e sono spesso le soluzioni trovate per affrontarlo che possono invece rivelarsi problematiche. 

Educare alla morte

I bambini incontrano continuamente il tema della morte nelle conversazioni, nelle canzoni, nel mondo della natura, tutte le volte che muore una pianta o un animale, e nella vita reale, in famiglia e con gli amici. La questione non è quindi se i bambini debbano essere educati alla morte, ma se l'educazione che ricevono sia utile e credibile. La comprensione della morte è un processo che dura tutta la vita, dall'infanzia alla vecchiaia. Dei molti modi in cui la morte viene trattata, il tentativo di ignorarla è quello che ha maggiori probabilità di fallire.

I bambini, nella propria ricerca di conoscenza e di significato del mondo, rivolgono ai propri genitori molte domande: da dove vengo? Dov'ero prima di trovarmi nella pancia della mamma? Quando si muore dove si va?

Può apparire strano, ma il parlare della morte è un discorso che aiuta a crescere. Nonostante ciò, ancora tanti adulti nei confronti dei bambini impediscono loro di rendersi conto della malattia, di preavvisare, di annunciare l'arrivo della morte, di andare ai funerali dei propri nonni.

I genitori trascurano il bisogno dei figli di piangere delle perdite che hanno così drasticamente alterato la loro vita. E necessario un atteggiamento sincero, aperto e premuroso partendo da un modello educativo di sostegno che avvicini il bambino alla realtà della morte, tenendo conto di quale sia stata la prima esperienza con la morte del bambino stesso.

Consigli in pillole

Ecco alcuni suggerimenti che il pedagogista clinico potrebbe dare ai genitori:

  • Utilizzare un linguaggio corretto e semplice;
  • Mettersi nell'ottica di chiedere al bambino se ha capito o se ha bisogno di ulteriori spiegazioni;
  • Inserire dei libri che parlino di morte tra quelli preferiti dei bambini;
  • Creare delle occasioni per educare alla morte (morte = assenza della vita per cui si può piangere si può essere tristi);
  • Importante è trovare un momento della giornata per parlare dell'assenza della persona.

Il bambino non deve mai essere lasciato solo con il proprio dolore o con la presupposta assenza di dolore. I bambini hanno bisogno di sapere che non verranno tenuti all'oscuro di cose importanti. Questa consapevolezza risparmierà loro un'ansia incessante. Se si è sinceri e diretti con i bambini sapranno che possono contare su persone disponibili e degne di fiducia. Questo senso di sicurezza è vitale in un momento in cui un bambino sta affrontando una perdita. Hanno bisogno della conferma della reale morte della persona cara altrimenti potrebbero passare mesi o anni nella ricerca o nell'attesa del ritorno della persona  deceduta. Peggio ancora, potrebbero credere che la persona che amano ha semplicemente scelto di andare via perché essi hanno fatto qualcosa di sbagliato o perché quella persona non ti ama più. Vanno spiegate le cose come stanno, con amore, sincerità e tanta delicatezza. Bisogna fare capire che le emozioni possono essere manifestate anche se ritenute negative perché fanno soffrire.

Fondamentale l’intesa tra i genitori


È fondamentale che l'idea di parlare della morte sia condivisa da entrambi i genitori in modo che il bambino non si trovi di fronte a contraddizioni. Entrambi i genitori devono raccontare la stessa versione. Per cercare di evitare incomprensioni nei bambini, bisogna aiutarli ad esprimere i loro sentimenti, ascoltare il loro silenzio e farli partecipare ai riti e alle emozioni dell'intera famiglia. Se i bambini si pongono quesiti sono pronti ad ascoltare le risposte, ed è importante essere consapevoli che da come risponderemo lasceremo o non lasceremo spazio ad un percorso di crescita che punta verso il tutto. L'importante è non rifiutare mai un sincero colloquio, per non creare argomenti tabù.
Quando si parla al bambino di qualcuno che è morto è importante usare le parole esatte. Inoltre si dovrebbe cercare di evitare gli eufemismi come l'abbiamo perduto o si è incamminato nella valle delle ombre perché potrebbero creare dei fraintendimenti. Il bambino essendo molto concreto si trova sconcertato di fronte a spiegazioni e ipotesi surreali.

"La mamma e il papà hanno perso un bambino..."

"ma mamma non ti ricordi dove lo avete lasciato?" (Lorenzo 3 anni e mezzo)

I genitori devono passare il chiaro messaggio che sono sempre presenti, che se il bambino ha bisogno di fare altre domande la mamma e il papà troveranno assolutamente un momento per lui, perché c’è sempre un momento e uno spazio per dar delle risposte.

L’aiuto del pedagogista

Il pedagogista con il suo ruolo può aiutare il bambino e la bambina a rappresentare l’evento con il gioco, con letture di libri che parlano di lutto e lasciare al bambino la scelta e la possibilità di esternare i suoi sentimenti, anche di piangere e che dopo si può stare meglio.

È importante che il bambino possa sentirsi libero anche di provare RABBIA, che diventa come un tornado che acquisisce forza e colpisce anche loro stessi.

  • Cosa si prova quando si è arrabbiati?
  • In quale parte del corpo comincia a sentire la rabbia?

Diverse sono le cose che si possono proporre al bambino per canalizzare la RABBIA.

Il pedagogista può, attraverso carta e penna, annottare assieme al bambino le cose che fanno arrabbiare: il fratellino è morto, la mamma e il papà piangono, niente è più come prima.

Si può così costruire, anche con l’argilla, qualcosa che li fa arrabbiare, costruendo insieme ognuno il suo oggetto; dopo di che si può chiedere al bambino cosa ne vuole fare.

Fare esercizi fisici da connotare alla rabbia, proporre di disegnare, registrare su nastro certe frasi e affermazioni con la certezza che si possono cancellare e ridire; scrivere un diario, una lettera, delle poesie e dove il bambino non sa scrivere la mano della figura di riferimento può diventare la sua.

Creare e mettere in scena uno spettacolo di burattini, che dicono e fanno quello che il bambino vorrebbe fare e dire.

La gelosia

Oltre alla rabbia un altro sentimento che spesso colpisce i piccoli in lutto è la GELOSIA.

Anche in questa situazione proporre una serie di attività può aiutare il bambino a lasciare andare tale sentimento: il disegno, lo spettacolo di burattini, incoraggiare il dialogo e la scrittura, la registrazione su nastro, giochi dove può ricordare tutte le cose buone che ha fatto (Nel caso di un fratellino nato morto:  aver scelto con la mamma le tutine, ha accarezzato la pancia e il piccolo/a si è mossa... ), lasciare andare dei palloncini dove attaccare e scrivere dei messaggi segreti su striscioni e di carta preparate dal bambino stesso, o proporre il gioco di non fare cadere il palloncino con dentro il messaggio segreto, o bucare il palloncino con uno spillo dove il messaggio che contiene è una frase che ferisce e spaventa il bambino stesso.

I bambini infatti non reggono per troppo tempo il dolore e hanno bisogno di distrarsi, di evadere un po', di ridere; importante però che l'adulto non legga questo come disinteresse o "come non capisce nulla".

A volte il silenzio, la mancanza di domande possono essere interpretate come accettazione, ma spesso tacciono per proteggere i genitori, mascherano a volte una rinuncia e un distacco.

Reazioni emotive al lutto

Spesso invece i bambini vivono un DOPPIO lutto: la loro sofferenza e la sofferenza del genitore. I bambini corrono il rischio di un sovrainvestimento affettivo (apprensione e funzione consolatoria) o deprivazione affettiva, dove però il silenzio e l'esclusione sono vissuti dai bambini come rifiuto e far scaturire un sentimento molto preoccupante che è la DEPRESSIONE.
Stanchezza, dolore, cali scolastici, poca concentrazione, tendenza ad isolarsi, disturbi dell'alimentazione e del sonno sono alcuni segnali.
Attività da proporre possono essere: disegno, un ricordo caro da condividere, oggetti che ricordano che possono essere messi così all’ interno di una scatola che diventa lo scrigno magico.
Anche la PAURA può colpire i piccoli; incubi paure dell’orco dei ladri, pipì a letto, periodi di regressione in cui il bambino si sentiva sicuro.
Le reazioni somatiche vanno però ascoltate e il bambino deve essere visitato da un medico per dare la giusta importanza, al dolore fisico che può provare.
Il bambino può avere tale reazioni emotive, ma potrebbe anche non manifestare nulla di ciò perché può avere già avuto il tempo di rielaborare la questione morte.

L'accettazione della morte è un traguardo significativo per la crescita individuale, indipendentemente dall'età.

Libri da leggere con i bambini
Libri per genitori

A cura della Dott.ssa Elena Tibiletti
pedagogista clinica presso Avalon

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