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Social network e adolescenti: «Facciamo i genitori, non i gendarmi»

Categoria: psicologia
Social network e adolescenti: «Facciamo i genitori, non i gendarmi»

Essere genitori nell’epoca dei social network pone nuove sfide a cui, per il bene dei nostri figli, non ci possiamo sottrarre. Ce ne parla lo psicologo Matteo Zanon.

Se quando sono piccoli siamo noi genitori a dover sapere come gestire la loro immagine anche social, crescendo saranno i ragazzi a buttarsi e sperimentare i nuovi media e le reti sociali collegate. Un viaggio in cui non possiamo lasciarli soli, cercando di accompagnarli anche fornendo loro gli strumenti critici per capire le situazioni ed evitare i pericoli. Come nella vita reale, certo, ma quando si parla di social network la tecnologia può essere vista dai genitori come un muro capace di separarci dai ragazzi e dal loro mondo virtuale. Come fare lo raccontano Matteo Zanon e Antonella Marzioli, psicologi che lo scorso 11 maggio hanno tenuto l’incontro “Virtualmente compatibili: Genitori e figli nell'era del virtuale” nel CAG di Corgeno a Vergiate, organizzato dalla Cooperativa L’Aquilone.

 Aiutarli a sfruttare le opportunità e a comprendere i pericoli

«Dovremmo cercare di accompagnare i ragazzi per dare un punto di vista che li aiuti a sviluppare un senso critico – dice Zanon – mentre invece, il più delle volte, i genitori si limitano a bloccare e limitare l’accesso ai mezzi. Giusto dare dei limiti, ma più importante ancora è dare gli strumenti per affrontare questo mondo, che ha le sue insidie, ma anche le sue opportunità da cogliere». Perché nel futuro sarà importantissimo, soprattutto a livello lavorativo, sapere come muoversi nei social network. «Le tecnologie sono sempre più importanti nella vita lavorativa  - continua Zanon – impedire ai ragazzi di usarle non è una mossa vincente. È meglio accompagnarli il più possibile, lasciare che ci parlino di quello che vedono e cercare di capire insieme a loro le emozioni che hanno provato».

Perché il problema dei social, come lo è stato della televisione negli anni ’80, è soprattutto l’uso consapevole fatto dagli adulti che usano questi mezzi di comunicazione consapevolmente per lavoro. I social media sono il più delle volte gratuiti perché sono un infinito contenitore di dati dei potenziali consumatori. Preferenze, cronologie di navigazione, playlist: i nostri movimenti on line sono tracciati in modo da dare alle aziende un’idea sempre più precisa dei possibili clienti, e modi più facili per raggiungerli. Se, ad esempio, cerchiamo “scarpe da donna” su Google, nelle nostre attività on line successive verremo raggiunti da pubblicità di scarpe da donna. Un meccanismo di cui i ragazzi devono essere consapevoli, per diventare “cittadini digitali”, oltre che consumatori.

Ma la rete impone anche altre sfide: la necessità di gestire la propria identità on line, e di difendere la propria immagine da abusi. La pratica, sempre più diffusa tra i giovanissimi, del “sexting”, cioè l’inviare al “fidanzatino/a” selfie erotici, può diventare un pericolo, perché di quella foto, una volta inviata, non si ha più il controllo. Ma anche una possibile dipendenza da social, o la tendenza a costruire di sé un’identità digitale del tutto diversa da quella reale, che può portare al fenomeno degli hikikomori.  «Tutto questo va spiegato ai ragazzi, devono aver ben presente i pericoli a cui vanno incontro – spiega lo psicologo – e sapere che i due mondi, “reale” e “digitale”, non sono due piani paralleli. Insomma, non basta vietare: dobbiamo “esserci”, accompagnarli, parlare con loro di quel che fanno anche on line e di cosa provano, per cogliere segnali di eventuali disagi».

Ma quali sono i social da monitorare per i genitori? «Facebook tra i ragazzi è in calo. Instagram, al momento, sta vivendo un vero e proprio boom. Anche “Ask” è molto popolare tra gli adolescenti, ma si tratta di fenomeni in continua evoluzione». Anche perché è lo stesso mondo delle app ad essere in evoluzione: «Un esempio positivo di questo è “I naturalist”, un’app di tipo scientifico, attraverso la quale, fotografando un animale o un insetto, si può subito sapere a che specie appartiene. La parte social è la condivisione della foto, geolocalizzata, che permette di monitorare la diffusione delle specie sul territorio». Insomma, non solo pericoli o insidie, ma anche opportunità e condivisione del sapere.

L’importante è «fare il genitore, affiancando e guidando i ragazzi con gli strumenti della nostra esperienza – conclude Zanon – vietare e imporre troppi limiti, alla fine, può avere l’effetto contrario».

A cura di Chiara Frangi


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