Skip to main content

Madri “svezzate”: la rinuncia alla propria indispensabilità

Categoria: psicologia
madre svezzamento bambino

Durante lo svezzamento si realizza un importante cambiamento psicologico sia per il piccolo sia per la madre.

Questo cambiamento riguarda la disponibilità di entrambi ad affrontare una separazione sia fisica che mentale. Lo svezzamento concerne sia i corpi di mamma e bambino sia la loro sfera affettiva. Inoltre, non è solo il bambino a dover rinunciare al seno ma anche la mamma a rinunciare al proprio bebè per incontrare il bambino che il proprio piccolo sta diventando. Affinché tale delicato passaggio abbia luogo in maniera serena ed armonica, è necessario che entrambi siano disposti a rinunciare ad una quota dell’altro e questo non può che avvenire in modo progressivo, senza brusche svolte.

Certo è che risulta per molte coppie madre-bambino delicato e a volte doloroso uscire dall’atmosfera intima dell’allattamento. Anche per la madre, infatti, lo svezzamento costituisce un passaggio denso di mutamenti: in gioco ci sono sia la crescita e lo sviluppo sano del bambino sia il delinearsi di un'iniziale forma di autonomia dalla mamma e della mamma dal proprio bambino. Può accadere che l'esperienza dello svezzamento porti con sé alcune difficoltà e preoccupazioni importanti come ad esempio, la tristezza nel privarsi della speciale intimità con il proprio bambino che l’allattamento garantiva, la fatica di tollerare di provocare una frustrazione al proprio figlio o la delusione di non riuscire a svezzare come si vorrebbe.

Come sottolinea Aurora Mastroleo, Psicoterapeuta e Vice Presidente dell’Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus, nel libro “Il pianto della mamma. Comprendere e superare i momenti di crisi della maternità” (di A. Mastroleo e L. Arcaro, 2013, Red! Edizioni, Milano) per inquadrare meglio questo delicato momento di cambiamento che la mamma vive, è possibile descrivere il desiderio di ogni madre come abitato da due correnti, una “positiva” che riguarda un aspetto “buono” del desiderio di amare e una “negativa” che si riferisce al pericolo di trattenere dentro di se’ il figlio. Convivono quindi all’interno dell’esperienza della maternità  sia una disponibilità a “lasciare andare il proprio figlio” e promuovere lo svezzamento, sia un “tenerlo dentro di sé”, quindi un rischio di una impossibilità a separarsi. In questa particolare fase si inserisce il papà, e la sua funzione che rende possibile la crescita evolutiva, avvia e permette l’autonomizzazione del bambino. Il papà, cioè, promuove e garantisce il processo di uscita del bambino dalla simbiosi materna e mette ordine nei ruoli all’interno del contesto familiare.

Il bambino, dal canto suo, imparando a tollerare l’attesa e la frustrazione, realizza che la mamma è "altro da sé" e pian piano a prende atto che la propria soddisfazione dipende dalla presenza di un altro, diverso da sé. La “mamma buona” non è il prolungamento del suo corpo ma “l’altro” da cui dipende la sua soddisfazione. Il tempo dell’infanzia, in questo senso, può essere descritto come il tempo dell’illusione di un’onnipotenza e il suo ridimensionamento non avviene naturalmente: al bambino serve un adulto che lo aiuti a compiere questo processo. In genere in questa fase il piccolo vive momenti di sana ribellione, ha nostalgia del tempo in cui era appagato senza fatica e manifesta sentimenti di aggressività. E’ necessario che la madre accetti i moti aggressivi del proprio bambino, tolleri e bonifichi i suoi sentimenti negativi, incoraggiandolo e sostenendolo. I bambini infatti si nutrono dell’importante e unico sostegno del desiderio: è importante dunque che le mamme riescano a sostituire l’esigenza di “sentirsi indispensabili” con un “essere disponibili”.

Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.pollicinoonlus.it
Numero verde 800.644.622


Seguici su

Articoli correlati