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Il bambino non mangia? consigli per superare il problema

Categoria: psicologia

Molti genitori si preoccupano del fatto che il proprio figlio/a non mangi  abbastanza. Le aspettative dei genitori riguardano soprattutto la quantità di cibo ingerito e la preoccupazione che non mangi tutto quello che è stato preparato.

Durante lo svezzamento spesso ci si dimentica  che il bambino è ancora un lattante che sta iniziando ad assaggiare i sapori e le consistenze diverse che il cibo presenta. In questa tappa dello sviluppo il bambino impara ad apprezzare il piacere dato dalla varietà del cibo e impara soprattutto come autoregolarsi tra la sensazione di fame e quella di pienezza, che porta rilassamento e benessere.

Dopo lo svezzamento la preoccupazione dei genitori aumenta così come le strategie, di solito molto creative, ma non sempre efficaci, e può portare all'esasperazione con tentativi di ricatto e di persuasione a mangiare.

Prima di proporvi alcune strategie, siamo sicuri di avere chiaro cosa e quanto il bambino dovrebbe mangiare a seconda del periodo di sviluppo? E' molto facile avere aspettative non adeguate al livello di sviluppo (in genere eccessive rispetto alle quantità), proprio perché per i genitori la crescita del bambino è una delle prime preoccupazioni. Potete chiedere le tabelle di età e fabbisogno calorico (oltre che proteico, lipidico e glucidico) al vostro pediatra.

Alla nascita colei/lui che nutre è per il bambino un oggetto d'amore perché risponde alla sua fame e quindi ne garantisce sopravvivenza e benessere. Gli aspetti psicologici legati alla relazione con chi ci nutre rimangono alla base del nostro rapporto con il cibo anche da adulti; per questo motivo nel bambino spesso il comportamento verso il cibo è lo specchio della relazione con i familiari e di eventuali momenti di difficoltà psicologica.

Se nostro figlio ha comportamenti alimentari problematici (mangia molto poco o solo alcuni alimenti) e questi hanno determinano un rallentamento della crescita o influiscono negativamente sul suo stare con gli altri allora forse sarebbe meglio accertarsi che non si tratti di un disturbo alimentare vero e proprio. Spesso, invece, si tratta di comportamenti transitori che possono essere associati a momenti particolari dello sviluppo come lo svezzamento, separazioni dalla figura materna, riconoscimento del ruolo del padre o stress esterni. Teniamo, ad esempio, in conto che tra i 12 mesi e i 3 anni l'appetito di molti bambini diminuisce a causa di un normale rallentamento della crescita e in età prescolare molti bambini attraversano per alcune settimane la fase delle manie alimentari (accettazione di solo alcuni tipi di cibo). Ecco alcuni consigli per ritrovare la serenità ai pasti.

Poche e semplici regole

No all'ansia. E' molto importante dare un buon esempio a tavola perché il comportamento alimentare è appreso, il bambino cioè impara e imita quello che vede e sente nella sua famiglia rispetto al cibo. Quindi riducete il più possibile ansia e nervosismo a tavola perché procurano ancora più ansia ed agitazione al bambino peggiorando, ancor di più, il rapporto col cibo. Tollerate che salti un pasto.

Nello svezzamento le risposte aggressive e/o i primi rifiuti del piccolo ad assaggiare le pappe sono espressione della difficoltà del bambino a separarsi dalla mamma e rinunciare al seno/biberon. E' utile per questo motivo che la madre chieda anche al padre di occuparsi dell'alimentazione del figlio. Non preoccupatevi se il bambino si sporca perché toccare, pasticciare , lanciare è il miglior modo per far conoscere e apprezzare il cibo. ll tatto è uno dei sensi più usati nella conoscenza e nell'accettazione degli alimenti.

Costruire la routine del pasto e della sua preparazione (sempre alla stessa ora, a tavola, tutti insieme se possibile): spesso i bambini inappetenti hanno difficoltà ad interrompere l’attività che stanno svolgendo per andare a tavola. Preparare insieme la tavola diventa un'attività piacevole e il pasto sarà parte di tale attività. Lavatevi insieme le mani e preparate bene la tavola; coinvolgete i bambini nella preparazione delle pietanze: insegnategli a cucinare e non siate troppo rigidi sullo sporcare la cucina. Cucinare responsabilizza i piccoli e li invoglia ad assaggiare ciò che hanno contribuito a preparare. Rispettate gli orari e rendete il pasto un evento piacevole, durante il quale si parla e si scherza.

Si mangia tutti la stessa cosa,  ma i gusti e le preferenze vanno rispettati. I gusti rappresentano i suoi primi tentativi di autonomia nel rapporto col cibo e col mondo. Se non gradisce gusti particolari, se rifiuta un determinato alimento, potete evitarlo: nessun cibo è insostituibile. Si può scegliere tra due opzioni: la pasta la preferisci con il burro o il sugo? preferisci la bistecca o il prosciutto?

Fategli preparare il suo piatto, con dentro 1-2 cucchiai di ogni portata lasciando la possibilità di prenderne ancora, se ne desidera. Lo aiuterà ad ascoltare la sua pancia e il suo appetito e imparerà ad autoregolarsi, e ricordategli se gli servono energie supplementari per la verifica o lo sport nel pomeriggio o il giorno successivo.

Con le mani è bello! Preparate frutta e verdura in modo che sia facile da mangiare: a cubetti, a spicchi, facilmente mangiabile con le mani. I bambini amano mangiare con le dita, perché in questo sono totalmente autonomi. Tenendo conto che la diversità delle forme e dei colori attira il bambino.

L’insistenza porta resistenza! non si ottiene altro che innescare un circolo vizioso che procura ancora più ansia ed agitazione al bambino e peggiora, ancor di più, il rapporto con il momento del pasto. Provate ad assumere (con costanza) un comportamento di indifferenza verso ciò che i figli mangiano e ristabilite la naturalezza del pasto e dell'alimentazione, laddove il bambino viene reputato capace di sentire e gestire la fame.  Il bambino sa autoregolare fame e sazietà e non si dovrebbe interferire.

Non usare in modo distorto il cibo, perché è un arma a doppio taglio che verrà presto usata contro di voi, appena intuirà che potere ha su di voi. No al ricatto: “Se non mangi questo non ti porto ai giardini”, all'intimidazione «Se non finisci la pasta lo dico a ...o chiamo i carabinieri», al senso di colpa «per favore, fai contenta la mamma/nonna etc" o peggio “mi fai stare male/in ansia/preoccupata”. Il cibo non deve essere lo strumento per valutare quanto è bravo o cattivo.

Il cibo non è un premio, né una punizione: non si minaccia un bambino di stare senza cena, né lo si premia dandogli qualcosa di buono (tipicamente dolci o fast food) da mangiare in cambio di qualcosa. Sul cibo e con il cibo non si può contrattare. Si mangia o non si mangia.

Lasciamo cibo sano a disposizione: frutta fresca già lavata, verdure crude tagliate a bastoncino, pane. Può capitare che il bambino rifiuti un alimento che fino a quel momento aveva sempre gradito, che desideri mangiare sempre le stesse cose o potrebbe essere attratto dal cosiddetto cibo-spazzatura. Non create dei tabù su quest'ultimi, perché si sa, il bello dei tabù è infrangere il divieto.

Mangiate tanta verdura dando il buon esempio: se i genitori per primi dichiarano di non gradire le verdure i bimbi agiranno di conseguenza imitandoli. Coinvolgete i bambini nella cura di un piccolo orto in giardino, o sui balconi o del semplice vaso di basilico. Mangiare il frutto del loro lavoro è per loro di grande soddisfazione.

Buon Appetito!

di Mascia Bertoni
Psicologa, psicoanalista


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