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La malattia di Kawasaki nei bambini

Categoria: La Pediatra
La malattia di Kawasaki nei bambini

La pediatra Paola Cerutti ci parla della malattia di Kawasaki nei bambini, che è diventata ormai protagonista in questo momento di emergenza da Covid19.

Cos’è la malattia di Kawasaki?

La malattia descritta dallo straordinario pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki nel 1967, è una condizione sindromica non infettiva, chiamata anche sindrome mucocutanea linfonodale, che si presenta più frequentemente nei bambini al di sotto dei 5 anni. Guarisce spontaneamente, ma nel 25% dei bambini non trattati (e nel 5% dei trattati) può dare complicanze cardiache, dovute ad aneurismi coronarici, che guariscono completamente nella metà dei casi entro due anni. Se non guariscono, i pazienti vanno seguiti nel tempo per ridurre il rischio di infarto cardiaco. Le ricadute (rare) di malattia di Kawasaki e la maggior frequenza in certe famiglie e tra gemelli indicano una predisposizione costituzionale a questa patologia, che frequentemente richiede il ricovero ospedaliero.

Quali sono i sintomi di questa malattia e come viene curata?

I sintomi caratteristici sono: febbre che dura da più di 5 giorni, esantema, ingrossamento linfonodale al collo, cheilite (ossia labbra rosse, secche e ulcerate), glossite (cioè infiammazione della lingua, che si può presentare “a fragola”, come nella scarlattina), congiuntivite secca (senza secrezione), dita gonfie o arrossate. A volte i piedi e le mani possono essere dolenti. Dopo alcune settimane di corretto trattamento, i sintomi diventano più lievi, ma in alcuni bambini possono durare più tempo. Di solito la sindrome si sviluppa in 3 fasi, che durano oltre 6 settimane. Ma dal 2000 la comunità pediatrica internazionale, concordemente al Dr. Kawasaki, ha riconosciuto che oltre ai criteri diagnostici classici esiste un ampio spettro continuo di presentazioni cliniche diverse ed incomplete, che va sotto il nome di Kawasaki atipica o incompleta, verosimilmente dovuta ad una combinazione di fattori, genetici, epigenetici e ambientali.

Classicamente nella prima fase, acuta, di 1-2 settimane, i sintomi appaiono improvvisamente e il bambino si presenta molto irritabile e sofferente. La febbre alta può sopraggiungere d’improvviso e dura più di 5 giorni, non rispondendo adeguatamente ad antibiotici, paracetamolo e ibuprofene. Raramente la febbre può durare fino a 4 settimane. L’esantema compare quasi sempre e varia da bambino a bambino, potendo essere un eritema cosiddetto “polimorfo”, cioè variegato, che interessa più il tronco che gli arti. Una seria complicanza (rara) nella prima fase può essere la “miocardite”, ossia l’infiammazione del cuore.

Nella seconda fase, subacuta (altre due settimane), i sintomi si affievoliscono. La febbre può scomparire, ma l’irritabilità e il dolore possono anche continuare. Si possono associare: sonnolenza, mal di testa, mal di pancia, vomito, diarrea, urine purulente, dolori articolari, ittero, desquamazione di mani e piedi, soprattutto intorno alle unghie. In questa fase l’aumento delle piastrine (“trombocitosi”) può aiutare a confermare la diagnosi. Nella terza fase, di convalescenza (3-5 settimane), si spengono sia i sintomi sia gli indici di laboratorio infiammatori.

L’ecocardiografia va eseguita nella prima settimana, di fronte al sospetto medico, per riuscire ad identificare precocemente eventuali aneurismi delle coronarie. Le terapie di discreta efficacia sono l’acido acetilsalicilico (Aspirina®), la trasfusione di immunoglobuline endovena entro il decimo giorno di febbre, in alcuni casi i corticosteroidi.

Cosa ne pensa del fatto che sembra che questa malattia sia collegata al Covid19?

Durante la pandemia attuale di Covid19 è segnalato un aumento dei casi di sindrome di Kawasaki atipica ("sindrome Kawasaki-like"), verosimilmente resistente al trattamento con immunoglobuline endovena. Talora questo quadro evolve verso un’attivazione dei macrofagi, che rende il quadro più grave, da essere gestito persino in terapia intensiva. Non è ancora chiarito se il SARS-COV2 sia direttamente coinvolto allo sviluppo di sindrome di Kawasaki, per la quale era già stata segnalata in passato una connessione con alcuni ceppi di coronavirus ben più innocui (quelli del raffreddore, per intenderci), o se questa sindrome sistemica (cioè che coinvolge tutto l’organismo) sia secondaria all’infezione. Oltretutto durante l’infezione da Covid19 sono stati segnalati altri sintomi cutanei molto vari (ma non frequenti!), tra cui estremità livide (“eritema pernio”), orticaria, esantema simile al morbillo, vescicole, petecchie, marezzatura cutanea (“livedo reticularis”). D’altronde la “tempesta infiammatoria” di cui si stanno gradualmente (e grazie agli enormi sforzi di ricerca) chiarendo i dettagli, colpisce i vasi sanguigni (la cui infiammazione si chiama “vasculite”), dai quali la cute, come i polmoni e i reni, è abbondantemente irrorata. Non perdiamo qui l’occasione di ricordare come gli atteggiamenti più protettivi contro questa “tempesta” siano, oltre al rigore igienico sociale per ridurre i contagi, la personale e inderogabile prevenzione antiinfiammatoria, di cui abbiamo già parlato altrove!

Ricordiamo che l’uso dell’ibuprofene è sconsigliato (non vietato) durante un sospetto di Covid19, che il medico pediatra va contattato in caso di sintomi e di loro peggioramento e che il 112 va contattato anche in caso di rigidità del collo, stato confusionale, spasmi muscolari, febbre non responsiva ai farmaci, macchie cutanee che non scompaiono premendo un bicchiere su di esse (petecchie) questi non sono sintomi di Kawasaki né di Covid19, ma di meningite. Perché non dobbiamo mai dimenticare che oltre a questo nuovo virus, esistono sempre anche le altre malattie, da cui proteggersi.

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Intervista alla Dott.ssa Paola Cerutti
Medico specialista in Pediatria
autrice dei libri:
"Come Una Mamma"
"Neonato istruzioni per l'uso"

www.paolaceruttipediatra.com


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