Perché noi italiani non parliamo inglese?
Come mai noi e i nostri bambini, nonostante cinque anni di inglese alla scuola elementare, più altri tre di scuola materna in molti casi, non sappiamo parlare e comunicare in inglese?
Perché noi italiani non riusciamo a parlare bene l’inglese? Perché siamo riconoscibili all’estero per la nostra incapacità di mettere insieme una frase che abbia senso? Sarà solo “colpa” della scuola e dei programmi ministeriali o c’è altro?
Mi capita sempre più spesso di sentirmi dire da bambini delle scuole elementari che non amano l’inglese (per non dire che lo odiano) e che imparano sempre le stesse parole, i colori (di cui conoscono sfumature che neanche un madre lingua forse padroneggia, i numeri e gli animali, anche quelli più impensabili). Ma comunicare è questo? Fare un elenco di parole? Forse no …
E allora la domanda che mi assilla da un po’ è questa: io che ho frequentato la scuola elementare negli anni ’70 non facevo inglese a scuola, i bambini di oggi si. E allora: i nostri bambini degli anni ’90 in poi non dovrebbero essere bilingui? Evidentemente no! E infatti dati ufficiali forniti da istituzioni europee quali la Commissione Europea, l’Eurostat (l’Istituto di statistica) e l’organizzazione EF (Education First) ci testimoniano che l’Italia è, purtroppo, al ventesimo posto per conoscenza della lingua inglese. Il primo paese (neanche a dirlo) è la Danimarca. Allora penso: faranno sicuramente molte più ore di lingua inglese a scuola … Mi documento e … no! A parità di ore il risultato è quindi sconvolgente.
La differenza è che nelle nostre scuole elementari ci si focalizza sulla grammatica e sulla scrittura, nelle scuole danesi, invece, si impara soprattutto a parlare inglese.
Sicuramente i paesi nordici posseggono da sempre una maggiore apertura alla diversità e un’accettazione alle lingue e alle culture straniere superiore rispetto alla nostra, certo è che anche un metodo frontale e traduttivo e tanta accademia contro un apprendimento spontaneo e naturale fanno la loro parte, negativa.
Come afferma anche Raffaele Mantegazza, docente di Pedagogia Generale presso l’Università Bicocca a Milano, forse bisogna ripensare profondamente a come si insegnano le lingue straniere, si rende necessario ripensare alla didattica che proponiamo ai nostri bambini nell’insegnare loro una lingua.
Non possiamo, tuttavia, colpevolizzare solo la didattica e la scuola. Tornando alla Danimarca e ai paesi nordici, il 93% della popolazione guarda film e cartoni animati in lingua originale. Noi abbiamo una magistrale tradizione di doppiatori che fanno scuola, ma purtroppo non abbiamo l’abitudine di esporre i nostri bambini ad un ascolto naturale e spontaneo delle lingue straniere fin da piccoli.
Se la lingua è comunicazione, e non una materia scolastica, o comunque non solo e non da subito, dobbiamo viverla, cantarla, ballarla, masticarla, lasciarci trasportare dai suoni, appassionarci e soprattutto abituarci ad una esposizione quotidiana, con tutti i mezzi di cui disponiamo in un’era altamente tecnologica come la nostra.
I bambini italiani, quindi, non sanno parlare inglese, perché l’inglese non è nelle loro vite!
Corriamo ai ripari, quindi, nell’attesa che cambi qualcosa nella nostra mentalità e cultura. Esigiamo per loro un approccio ed un insegnamento naturale e spontaneo, senza pretendere la perfezione, ma la felicità e la curiosità, queste si! La motivazione è senza dubbio alcuno il motore principale dell’apprendimento.
A cura della Dott.ssa Micaela Di Leone
Esperta in Glottodidattica Infantile
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