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A Tavola, in famiglia con figli adolescenti!

Categoria: psicologia
adolescenti e cibo

Con l’ingresso nella pubertà, i ragazzi e le ragazze si trovano a fare i conti con una serie di trasformazioni fisiche e psicologiche che influenzano il mondo interno ed esterno e anche gli equilibri della famiglia.

Mutano infatti il modo di pensare, il rapporto con la propria immagine e la qualità delle relazioni.

Questo perché, come scrive la psicoanalista francese Françoise Dolto, con l’avvento della pubertà l’individuo «si sente come un appartamento dove stanno lavorando i muratori e in cui non c’è un angolo tranquillo per riposare. Si è in piena mutazione: all’interno come all’esterno».

Dal punto di vista psicologico, l’adolescenza rappresenta l’insieme dei sensi e dei significati che ragazzi e ragazze attribuiscono a tutti questi mutamenti fondamentali e repentini, che destabilizzano e incrinano sia i propri equilibri sia quelli dell’ambiente familiare.

Dal punto di vista del singolo, nel processo di costruzione della sua identità, l’adolescente comincia a rivolgersi all’esterno della famiglia (confrontandosi con i pari, con l’altro sesso e con nuove figure adulte) per potersi individuare e differenziare. Al tempo stesso, però, ha ancora bisogno dei propri genitori, stelle luminose che possano aiutare a orientarsi nell’incerto e complicato sentiero verso la vita adulta.

Dal punto di vista della famiglia, orari, ritmi e regole vengono messi a soqquadro: le porte delle stanze vengono chiuse, la demarcazione tra vita diurna e vita notturna diventa più sfumata, le confidenze tra genitori e figli diminuiscono (mentre aumentano le esigenze di libertà e  di autonomia dei secondi). Anche la tavola, uno dei luoghi d’incontro privilegiati dei vari membri familiari, deve essere riorganizzata.

Tenendo a mente le frenetiche scansioni temporali della vita odierna, capita spesso che genitori e figli adolescenti possono sedersi assieme unicamente durante la cena. I tempi del pasto tendono però a contrarsi per via del richiamo della vita sociale e la cena stessa può avere come protagonista il cellulare, oppure la televisione. Il ragazzo e la ragazza, ora in contatto con la società e con i valori da essa promossi, possono far valere in casa istanze differenti da quelle che da sempre hanno caratterizzato la tavola familiare: la richiesta, quindi, può essere quella di mangiare finger food, di fare un aperitivo al posto del pasto vero e proprio, di alzarsi prima da tavola e di seguire un proprio regime alimentare (la cui scelta spesso consegue a un incontro tra predisposizioni personali e mode del momento, veicolate dai mass media), che può essere vegetariano, vegano, crudista…

Una delle principali conseguenze derivanti dalla somma e dall’interazione di questi elementi può essere l’adombramento della convivialità, che in un certo senso rappresenta l’essenza stessa del pasto. La cena conviviale, infatti, è quella caratterizzata da determinate norme (come l’attesa dei vari commensali), dal piacere di accettare e ricevere cibo insieme agi altri e dal gusto di mangiare (assaporare e ingurgitare sono due cose ben diverse). Con l’avvento dell’adolescenza, questi aspetti tendono un po’ a venir meno: il pasto rischia di perdere il proprio statuto relazionale e così, sebbene si mangi tutti insieme, talvolta ci si può sentire divisi.

Che fare, quindi? L’equilibrio che si era saldamente determinato durante l’infanzia del figlio viene ora messo alla prova e la famiglia può trovarsi ad affrontare un fisiologico periodo di disorganizzazione (specchio dell’incertezza che connota la stessa adolescenza). Può essere utile, allora, ricercare un nuovo equilibrio, con nuovi criteri normativi che tengano conto dei crescenti bisogni di autonomia del ragazzo e della ragazza. Così come nell’infanzia, seppur in modo diverso, i genitori possono essere aiutati dal fatto di alternare tolleranza e disciplina. Il proprio figlio non è più un bambino e, conseguentemente, con lui si può avviare una negoziazione: è utile e produttivo accogliere le sue considerazioni e richieste, ordinandole però secondo criteri di priorità stabiliti dal genitore stesso. Quest’ultimo può dunque aprire a un dialogo, tenendo comunque saldi gli aspetti fondamentali del convivio (visti in precedenza).

Come scrivono Aurora Mastroleo e Pamela Pace in Mangio o non mangio? I disturbi alimentari e i bambini (Mondadori Electa, 2015), ciò che si può trasmettere ai ragazzi è che: «Avere un appuntamento con la propria famiglia non è solo un obbligo, ma comporta un piacere, il piacere di sapere che l’altro ti aspetta, ti dà un posto e prepara qualcosa per te. A tavola si riceve il cibo ma anche quel riconoscimento soggettivo così importante per la prima adolescenza».

A cura di Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Via Amedeo D'Aosta 6, Milano
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