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“Non sono ancora grande!”: l’importanza dell’infanzia

bambino forzuto

La lontananza dei genitori, aspettative eccessive e altre situazioni possono sfociare nel rifiuto o nella ricerca con voracità di cibo.

Nella società di oggi, dove tutto si svolge con frenesia e le giornate si riempiono di impegni, capita molto spesso che i genitori abbiano sempre meno tempo a disposizione da trascorrere con i propri figli: si contatta una baby-sitter, o si ricorre a tutta una serie di attività extra-scolastiche, come sport o corsi artistici, in modo da non lasciare i bambini soli troppo a lungo. Non sempre però queste attività riescono a colmare il senso di solitudine lasciato dall’assenza prolungata dei genitori, che per il bambino sono e rimangono insostituibili. Può capitare allora che il cibo diventi un silenzioso compagno della vita quotidiana in casa, e al tempo stesso un rimedio efficace per calmare le proprie emozioni.

Sempre in questa fase, i bambini iniziano ad avvertire il valore delle aspettative di mamma e papà nei loro confronti, anche se implicite, e investono molte energie per soddisfarle; molti autori hanno sottolineato l’importanza, per un corretto sviluppo psichico ed emotivo dei bambini, di incontrare la loro approvazione, nelle parole e negli sguardi, e dimostrarsi degni del loro amore. Questo fenomeno certamente non è negativo di per sé, ma può portare il bambino ad adottare comportamenti “da adulto” in modo eccessivamente precoce, senza che i suoi tempi soggettivi siano maturi: pensa che sia il modo migliore per corrispondere alle pretese dei genitori e ottenere quel riconoscimento di cui ha tanto bisogno.

Dall’altra parte l’adulto, assorbito dai propri impegni, può incentivare questi comportamenti senza coglierne il significato, finendo con il caricare il figlio di eccessive responsabilità e schiacciando i suoi bisogni infantili. Anche in questo caso il cibo, rifiutato o ricercato con voracità, può diventare per il bambino un mezzo silenzioso per veicolare un appello, per realizzare una condizione di indipendenza forzata, o per esprimere il proprio malessere senza ricorrere alle parole che potrebbero deludere la mamma e il papà, e vanificare i suoi sforzi di essere valorizzato. Proprio per questo è essenziale che il rapporto con il cibo non sia ridotto a un capriccio o una cattiva abitudine, ma che venga riconosciuta la sua dimensione psicologica, metaforica e comunicativa.

Il contesto sociale ha sicuramente una forte influenza che non va tralasciata. I bambini di oggi vivono un’esperienza quotidiana ricca di stimoli, in particolare tecnologici e mediatici, che non ha paragoni con le generazioni precedenti: basti pensare alle tematiche trattate da cartoni animati e programmi televisivi, o alle possibilità offerte da computer, smartphone e console. Anche se può sembrare un mondo ricco di opportunità e contenuti interessanti, non significa che il bambino sappia sempre tradurre, digerire e metabolizzare tutto ciò che incontra. È molto che importante che i genitori sappiano essere presenti e porre attenzione ad aspetti come l’ambiente domestico, il linguaggio utilizzato e i temi trattati nelle conversazioni, in modo da non esporre i bambini a contenuti eccessivamente adultizzati per le risorse psicologiche che possiedono. Può infatti accadere che si sentano indifesi e smarriti di fronte a qualcosa troppo difficile da comprendere, e reagiscano muovendosi nella direzione opposta, ovvero rifiutando di crescere (anche fisicamente), per mantenere l’illusione di un rifugio protetto e lontano dal “pauroso” mondo degli adulti.

Sostenere la spinta all’individuazione e il bisogno di autonomia è fondamentale, ma non significa accelerare le tappe e togliere la possibilità ai bambini di vivere la loro infanzia con tutta la serenità e spensieratezza necessaria. Gli alberi più rigogliosi hanno bisogno di tempo per crescere!

A cura di Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Via Amedeo D'Aosta, 6 Milano
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