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Si nasce bilingui o lo si diventa?

Categoria: Bilinguismo
lavagna inglese

E’ opinione comune che si nasca e si cresca bilingui quando i propri genitori provengono da paesi diversi, da lingue diverse, da esperienze e culture diverse. Ma è proprio così?

Si può, tuttavia, nascere in una famiglia monolingue ma crescere e diventare bilingui. Soffermiamoci un attimo sui termini bilingue e bilinguismo. Chi è un individuo bilingue e quando si definisce tale?

Se per lungo tempo si è pensato al bilinguismo come ad una totale e completa padronanza di due lingue, dagli anni ’50 del secolo scorso studiosi e linguisti hanno via via ampliato la ricerca e modificato la valenza di questo termine, riassumibile nelle parole di Renzo Titone: “il bilingue è cosciente di possedere e usare due lingue e di vivere occasionalmente due culture o essere identificato in due culture; è, di regola, capace di pensare in due lingue, di programmare e controllare un messaggio in relazione ai diversi codici e alle situazioni che cambiano; è in grado di produrre due codici con una pronuncia accettabile e di capire i messaggi in codici diversi senza notevoli difficoltà,  o nel migliore dei casi, di parlare, leggere e scrivere con efficacia e padronanza” (Renzo Titone, La Personalità bilingue: caratteristiche psicodinamiche, Bompiani, 1996). 

Essere bilingue, quindi, non significa necessariamente conoscere alla perfezione due lingue ma essere in grado di comunicare in due lingue anche a diversi livelli di competenza. I bambini diventano bilingui in una famiglia in cui quotidianamente si vivono esperienze in due lingue, vengono esposti continuamente e costantemente alla lingua straniera e la riproducono nella loro vita quotidiana.  

Studi scientifici oramai conclamati dimostrano che il cervello umano può gestire più di una lingua e che il bambino appena nato può naturalmente e facilmente riconoscere e riprodurre a momento debito i suoni di più lingue senza sforzi, così come imparerà a camminare e poi a parlare, in maniera naturale e implicita.

Fin dai primi giorni di vita, infatti, il neonato ascolta e recepisce le parole, le frasi, le conversazioni che i genitori intraprendono con lui, naturalmente e affettuosamente. Al bambino non viene “insegnata” la lingua straniera, la acquisisce attraverso l’interazione e la relazione affettiva con le persone che lo circondano.

In questa ottica, quindi, è reale la possibilità di crescere bilingue anche in una famiglia monolingue. Come scrive la dott.ssa Antonella Sorace, docente di Developmental Linguistics presso l’Università di Edimburgo, “ … avere genitori che parlano lingue diverse non garantisce, di per se stesso, il bilinguismo: i bambini hanno bisogno di frequenti opportunità di uso, tramite rapporti interpersonali anzitutto, ma anche tramite libri, video, giochi e altri materiali che possano essere non solo una fonte di input ma anche un incentivo per il bambino a parlare la lingua”.

(per approfondimenti: http://www.bilinguismoconta.it/wp-content/uploads/2012/07/La-voce-del-popolo_a-colloquio-con-la-prof.ssa-Antonella-Sorace.pdf).

“Una volta motivato a comunicare in due lingue, sarà la pratica che porterà il soggeto ad una conoscenza più o meno approfondita delle due lingue. … Sarà la quantità, la modalità e la qualità della pratica delle due lingue che permetteranno al bambino di diventare, o non diventare bilingue.” (Traute Taeschner, Il sole è femmina, Edizioni Dinocroc per l’Università, 2003).

Fondamentale è quindi sfatare il falso mito che sia opportuno aspettare che il bambino abbia acquisito la madre lingua per introdurre una seconda lingua, cominciando, al contrario, appena possibile il proprio percorso bilingue seguendo una modalità che privilegi un contesto comunicativo e relazionale - affettivo adeguato.

A cura Dott.ssa Micaela Di Leone Torretta
Esperta in Glottodidattica Infantile

 


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